Per la Madre Superiora,
la notte non dovrebbe mai calare sul convento di Santa Crocifissa: il
cielo non vede, dice, e i demoni del peccato possono agire
indisturbati sul candore delle sue fanciulle intonse.
Quello che lei
non sa è che le sue fanciulle intonse lo sono soltanto viste fuori dal convento. Altrimenti non avrebbero caldeggiato così
tanto la riparazione degli scaldabagni; ma i tecnici sono venuti solo
un paio di settimane fa! Eh, ma qua continuiamo a farci le docce
gelate, vabbè la penitenza ma mica possiamo trasformare il convento
in un lazzaretto di influenzate. Pensi se Dio ci manda la tubercolosi
Madre, neanche lei sarebbe in salvo. Anche perché non s'è mai
vaccinata, si ricorda l'attacco di rosolia che s'è beccata due mesi
fa? Che poi è stata fortunata che Cristo non l'abbia voluta mettere
alla prova con eventuali complicazioni della malattia, tipo la
nevrassite.
Povera Madre Addolorata,
lei è una religiosa d'altri tempi, rigorosa, seria, rispettosa dei
voti, di quelle spedite a farsi suore perché manco i malati di sorca
più indietro con l'evoluzione sessuale se la sarebbero ingroppata,
nemmeno da bendati. “Oh figlia mia, che sventurata fosti! Non
riuscisti a trovare marito! Piuttosto va a sposarti con Dio, che ti
paga sempre gli alimenti!”.
Eh sì, accogli dentro di
te lo Spirito Santo e sazia le tue voglie di peccato con una
riproduzione della Verga di Aronne benedetta con mestolate di sborra
da parte di tutta la curia papale. E già che ci siamo, pure con uno
schizzetto di quella del presidente del CNR. Oh, lo sperma di
Profumo, mica bruscolini! E così che la scienza ti fa vedere Dio. Un
po' come Sean Gullette quando impazzisce dietro al pi greco e per
poco non si fa chiavare da uno stuolo di rabbini ortodossi. “Hai
visto troppo, tu! Hai visto la Nerchia di Dio!”
Madre Addolorata ha paura
di farsi il giro delle scale e dei corridoi. Dalle camere delle
sorelle, solo da poche si sente qualcuna che russa. E se russa, è
perché s'è ubriacata prima di andare a dormire, dopo l'ennesimo
rifiuto, da parte del giardiniere rumeno, di sfanculare per sempre i
voti che aveva preso. La luce del corridoio non illumina, rende
soltanto più bianche le pareti; fa notare di meno le piccole
fenditure di luce che provengono da sotto le porte; non contiene i
pianti, i gemiti, il sottofondo appena udibile delle preghiere
recitate al contrario. Santa Crocifissa non è il nome di un
convento, ma una santarellina irreprensibile che di sera se ne va a
ciucciare cazzi in discoteca, disgustata da quel nome di merda e da
sua madre, che gliel'ha dato. “Crocifissa, porca troia! Un nome del
genere lo dai a una figlia che vuoi uccidere con la vita stessa!”.
Forse è per questo che gli hanno intitolato un convento.
Prima che arrivasse Suora
Serena, il convento di Santa Crocifissa era esattamente silenzioso e
grigio come tutti gli altri. Studentelle secchione e represse o
semplicemente troppo sceme per capire come funzionasse fuori da casa
o dentro le mutande. Coltivavano con passione il giardino e le loro
infiammazioni ai menischi, pregando davanti all'altare. Gesù Cristo
risorto le guardava dalla raffigurazione con l'aureola e la cornice
placcata in oro e le palme forate rivolte verso chi guarda.
Il suo messaggio di
speranza misericordiosa: il gesto del “Puppa!”
Lo stesso che fece Suora
Serena la prima volta che si inginocchiò all'altare assieme alle
altre. “Puppa anche a te, Diocristo!”. Sulle prime, le altre si
sono guardate abbastanza perplesse, non capendo l'inspiegabile
comportamento della loro sorella. Madre Addolorata, invece, l'aveva
capito benissimo.
Trentanove frustate,
nuda, di fronte all'immagine dell'Arcangelo Gabriele. Madre
Addolorata sferzava quel culo tondo e burroso davanti a tutte le
altre consorelle. Suora Serena gemeva e tremava tutta. Il corpo teso
come la corda di un arco e la liberazione finale, alla trentanovesima
frustata. Uno squirting in faccia all'Arcangelo.
La tempera del quadro era
vecchia e da quel giorno Gabriele non poté più vegliare su di loro.
Rinchiusa in una camera
correttiva, pregava. Le sorelle origliavano, ma nessuna delle parole
che uscivano dalla bocca di Suor Serena era anche lontanamente simile
alle preghierine che dicevano in camera davanti al santino di Cristo,
il loro personale dildo sublimato. Gli pareva di sentire parole dalla
pronuncia ingarbugliata, parole come Marduk, Tiamat, Nyarlathotep,
Melmoth, Anunnaki, e robe simili. Nessuna ascoltava più di un
minuto. Molte si rinchiudevano in camera e pregavano, altre si
mettevano un cilicio giro-fica per proteggere la loro verginità,
altre ancora risolvevano la cosa in modo più prosaico, chiudendosi
nel cesso e cagando fino a che non gli faceva male il culo.
Per la prima volta,
sentivano la Minchia del Demonio che era riuscita ad avere accesso al
convento. E si preparava a scoprire il glande, pronta a sventrarle.
Madre Addolorata non se
la sentiva di chiamare l'ospedale psichiatrico. “Dio ha sempre un
modo per risolvere questioni del genere!” pensava. “Forse è solo
posseduta”. Si rivolse a Mimmo, l'esorcista di Casoria, un mago
potentissimo, in quanto ancora nessuno gli ha sgamato il trucchetto
delle monetine magnetizzate. È solo perché Striscia La Notizia non
è ancora arrivata con le sue telecamere.
Comunque, l'esorcista
entrò nella cella correttiva e ne uscì un quarto d'ora dopo una
caterva di urla spastiche, preghiere farfugliate ed un “Aaaaaahhh”
liberatorio finale. Non era un urlo, ma sollievo. Uscì con gli occhi
spenti, la faccia scavata e una mano che si reggeva le palle. Sotto
la cintola era macchiato come il lenzuolo di un segaiolo che non
voleva alzarsi per prendere i fazzoletti.
Siccome non voleva far
scappare troppe voci su quello che stava succedendo a Santa
Crocifissa, Madre Addolorata decise di lasciarla rinchiusa nella
cella finché non gli fosse venuto in mente qualcosa di divertente da
fare con lei. I suoi valori stavano cominciando ad entrare in
conflitto come i processi di Windows Vista prima di crashare.
Da lì fino ad ora, anche
se rinchiusa nella cella correttiva, Suora Serena continua con la sua
influenza indiretta sulle consorelle. La Minchia del Demonio è
entrata, e per ora si sta limitando a carezzare con la punta la zona
periferica dell'ingresso posteriore.
E a loro piace.
Suora Maddalena è
l'addetta alla gestione dell'infermeria del convento. Ha cominciato
ad ordinare dosi massicce di morfina: da allora, molte sorelle vanno
con una scusa qualsiasi, dal mal di testa all'aerofagia, a farsi
consegnare delle siringhe. Dice che servono per alleviare i sussurri,
per non sentirli più. Il fenomeno l'hanno sentito inizialmente
quelle che alloggiano vicine alla cella di Suora Serena. Poi tutto il
secondo piano ha cominciato ad avvertirle. Sussurrano alla parte di
loro che da giovani le faceva correre nel cesso dei maschi e scrivere
“Vergine ed affamata, desiderosa di scoprire”, seguito dal numero
di cellulare. Cioè, si vergognano a scrivere “scopare”, per
questo a casa usano le aspirapolveri. Comunque, facevano prima a
chiedere ai bidelli. Niente a che vedere con “Sonia, 19 anni,
ripetente di lingue, BDSM-friendly”. Cazzo, come speravano di
competere? E la voce glielo diceva. Gli ricordava delle loro famiglie
di merda, di quanto erano delle perdenti e di come si sono riunite
tutte insieme in questa fogna di perdenti. Una voce che gli ricorda
delle loro fighe bagnate al massimo dall'acqua del bidet e usate più
che altro per produrre ricotta. Una voce asessuata, ma che sanno
tutte essere, in qualche modo. di Suora Serena.
Madre Addolorata cammina
per le scale ed i corridoi, anche se si sta cagando sotto dalla
paura. Ha ben in mente qual'è la stanza in cui vuole andare. La
porta alla fine del corridoio del secondo piano, quella con le
lampade rotte in cima alla parte vicina di soffitto; con una luce
rosso sangue che filtra da sotto, non appartenente a luce elettrica o
lumini ad olio benedetti; con l'aria impregnata di quei maledetti
sussurri. Madre Addolorata aveva iniziato a sentirli, e ci stava più
di merda delle altre: lei c'è marcita per quasi mezzo secolo, là
dentro.
Cammina appesantita
dall'età, nel fisico e nello spirito. Stringe in mano un grosso
coltello da macellaio. Per un tratto pare sicura e determinata, poi
timorosa e spaventata dalle ombre, in entrambi i casi conscia che
oltre quella porta c'è la Minchia del Demonio pronta a divorarla.
Prende il mazzo di chiavi
e le fa scorrere sulle dita tremanti, fino al passepartout. La luce
che filtra sotto la porta non ha mai cambiato colore. I sussurri
continuano, diverse voci mescolate, una chiaramente femminile, una
gutturale, altre che sembrano più i conati di vomito di un cane
soffocato da un osso di pollo. Madre Addolorata infila la chiave
nella toppa. Prima mandata, clak, seconda mandata, clak, terza
mandata. La porta si spalanca.
Il coltello gli cade
dalla mano divenuta gelata e inerte come in un'emiparesi. Suora
Serena è sdraiata per terra all'interno di un circolo rosso vivo,
con un pentacolo inscritto dentro. È completamente nuda. La luce
rossa proviene proprio dal disegno a terra, brillante d'un alone
malato: pulsa ondeggiando, come un lombrico. Suor Serena geme
stridulamente, il suo corpo che viene ritmicamente inghiottito e
risputato ad ogni sospiro da un'ameba di ombra che non ha fattezze e
non può essere descritta diversamente da un'ameba d'ombra con delle
braccia che ogni tanto spuntano dal quella massa nera e si
avvinghiano alla pelle di lei, graffiandogliela. La cosa apre gli
occhi, fessure verdi luminescenti senza pupilla. Si accorge della
Madre Superiora, del suo patetico tentativo, della presenza di
un'altra anima dominata dalla paura che sta disturbando il matrimonio
sconsacrato. Credeva avesse avuto almeno la decenza di entrare quando
tutto sarebbe finito.
La Madre Superiora
stavolta si caga sotto per davvero.
Un tentacolo nero spunta
all'improvviso da quel coso d'ombra. Velocissimo, la punta trapassa
l'addome della Madre. Il contatto con l'ombra è bollente e Madre
Addolorata si soffoca del suo stesso dolore. Poi il tentacolo si
ritrae con lei ancora infilzata, gettandola nel cerchio rosso.
L'ultimo ingrediente da buttare nel calderone.
Ed inizia il pasto.
La minchia del Demonio è
sazia.
Il convento di Santa
Crocifissa è un convento grigio. Le scale ed i corridoi sono pieni
di sussurri. Nelle stanze dimorano verginelle curate a bacinelle di
morfina in endovena, finché smettono di ascoltare i sussurri. È il
segno che sono pronte, che la loro memoria è stata scrostata
dall'impotenza della loro vita prima dei voti. La Minchia lo sa e le
aspetta.
Ad attenderle per la
celebrazione del matrimonio, nell'altare della cella correttiva, c'è
Madre Serena.
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